Il significato del concetto di paesaggio
Il paesaggio è da decenni oggetto di studio di numerose discipline scientifiche ed interessa svariati ambiti della nostra vita. Ad occuparsi di paesaggio sono, ad esempio, la geografia, la filosofia, la tutela della natura e dell’ambiente, l’agricoltura e la silvicoltura, come pure la pittura e la letteratura. Ed è proprio dall’elevato numero delle scienze che lo studiano che deriva l’ampio ventaglio di significati del termine paesaggio; questo perché esso è visto da diverse prospettive e perché ciascun campo disciplinare pone accenti diversi. Esistono dunque differenti accezioni per definire il paesaggio, di cui illustreremo l’evoluzione ed alcuni esempi.
L’evoluzione del concetto di paesaggio
Per il Dizionario Etimologico Italiano (Barbera, Firenze, 1975, vol. IV, pag. 2719) il termine fa la sua comparsa nel secolo XVI, ad esempio con il Vasari, come calco dal francese paysage, per indicare l’oggetto del paesaggista (paysagiste), pittore di scene campestri. Secondo le definizioni riportate dall’Enciclopedia Piccola Treccani (Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1995, vol. VIII, pag. 663): “paesaggio è 1 a) una veduta, un panorama; parte di territorio (campestre o montuoso) che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato e che suscita in chi lo contempla particolari impressioni, o si distingue per speciali caratteristiche (…); b) pittura, disegno o fotografia che ha per soggetto un paesaggio. 2) In geografia si dice paesaggio il complesso degli elementi che costituiscono i tratti fisionomici di una parte della superficie terrestre (…)”.
Per i geografi il paesaggio (spesso detto anche paesaggio geografico) è l’insieme dei segni che caratterizzano un lembo più o meno ampio della superficie terrestre (…); si tratta di segni dovuti a forze naturali (paesaggio naturale) o all’opera umana (paesaggio culturale) o anche dovuti al concorso delle une e dell’altra insieme. Tra gli aspetti naturali che più contribuiscono a caratterizzare i paesaggi sono le forme del suolo e la vegetazione (p. di montagna, o di pianura; paesaggio forestale, o di prateria, o desertico); tra i fattori umani, i caratteri dell’insediamento e dell’economia rurale (paesaggio agrario). Il paesaggio così inteso parte dall’osservazione sensoriale (essenzialmente visiva, ma possono contribuirvi anche l’udito e l’olfatto) e come tale è un paesaggio sensibile; tuttavia, nel momento in cui lo si memorizza selezionandone alcuni elementi particolarmente evidenti e ricorrenti, si compie un’operazione di astrazione e si perviene a un paesaggio razionale.
A partire dal XV e XVI secolo il paesaggio divenne il principale soggetto della pittura. La pittura di paesaggio o paesaggistica diventò un vero e proprio genere pittorico. I dipinti di paesaggi non rappresentavano però la realtà, in quanto essa non poteva essere colta compiutamente. In queste opere si cercava piuttosto di rappresentare e descrivere il paesaggio ideale. Questa concezione e questo genere pittorico prevalsero fino agli inizi del XIX secolo. È solo con le descrizioni dei dipinti di vedute fornite dalla poesia e, soprattutto, dal romanticismo che il concetto di paesaggio assunse un carattere più ampio, poiché la natura rappresentata in tali opere e percepita dai poeti veniva descritta minuziosamente. In seguito a questa evoluzione il termine entrò nell’uso corrente.
Attraverso la pittura anche la poesia fece propria un’immagine idilliaca del paesaggio. Questa visione, che affonda le sue radici nel romanticismo, si conserva in parte ancora oggi. Anche ai giorni nostri il termine paesaggio è associato in genere all’idea di bellezza, armonia, idillio, assonanza, libertà, nostalgia. Raramente il termine paesaggio evoca un senso di bruttezza, disarmonia o repulsione.
Negli anni Cinquanta del secolo scorso Carol definì la geografia scienza del paesaggio. Egli considerava il paesaggio come una sezione verticale della geosfera, orizzontalmente delimitabile a piacere, che non costituiva la somma o una serie di innumerevoli elementi singoli o forze, ma un complesso in cui questi singoli elementi si fondevano. (Carol 1957)
Anche Schmithüsen si occupò di paesaggio, che definiva come una parte concreta della geosfera, dotata di caratteristiche più o meno simili e di un ordine di grandezza geograficamente rilevante. Una definizione analoga fu data pure da Troll (1950), che per paesaggio intendeva “un’unità spaziale con un dato carattere, che si distingue per l’aspetto, l’interazione e la disposizione geografica dei suoi fenomeni”.
Per Tesdorpf il paesaggio è “una sezione orizzontale e verticale della geosfera in cui è presente un complesso di elementi naturali e antropogenici, che si trovano in un rapporto sinergico con la terra (rapporto sistemico)” (Tesdorpf 1984, pagg. 24-25)
In inglese Hartshorne (1960, pag. 23) definì il paesaggio nel modo seguente: “Landscape is the external form of the earth surface under the atmosphere, comparable to the popular expression the face of the earth”.
A partire dagli anni Settanta del secolo scorso gli scienziati iniziano a studiare con maggiore attenzione la percezione soggettiva del paesaggio (Felber Rufer 2005, pag. 34). Cosgrove parte dal presupposto che il paesaggio sia un modo di vedere il mondo, e che quindi la soggettività rivesta un ruolo fondamentale nella percezione. Egli afferma che il paesaggio è un prodotto culturale estremamente complesso, caricato di significati ideologici. (Cosgrove 1998)
Negli anni Novanta del secolo scorso il concetto di paesaggio viene ridefinito e giunge ad includere anche nuovi paesaggi sinora impensabili. Comprende, infatti, non solo gli aspetti belli e piacevoli, ma anche gli elementi di disturbo o i pericoli insiti in esso. Pertanto sono considerati paesaggi anche i centri commerciali, le aree industriali e urbane. (Urry 1995, pag. 66) Breuste (1995) è uno dei sostenitori dell’accezione più ampia del termine paesaggio culturale, in considerazione del fatto che i paesaggi urbani e le loro aree limitrofe rappresentano l’ambiente di vita di circa il 70-80% della popolazione dell’Europa centrale e che con il trasferimento di funzioni cittadine nelle aree circostanti sono in atto profondi cambiamenti.
Per Konold il paesaggio è un’interazione tra natura animata e inanimata, esseri umani, piante e animali, nonché uno spazio vitale e insediativo organico. Gli interventi antropici per la realizzazione di opere e lo sfruttamento delle risorse, nonché il temporaneo abbandono dell’attività di coltivazione modellarono il paesaggio nel corso della storia. Il paesaggio è pertanto sempre stato in perenne trasformazione. (Konold 1996)
In conclusione riportiamo qui di seguito alcune delle diverse accezioni assunte dal termine paesaggio.
- Paesaggio come sezione omogenea composta da singoli elementi realmente tangibili della superficie terrestre, di un’area o di una regione di una certa estensione. (Jessel 1995, pag. 8)
- Paesaggio come bene culturale, che rispecchia i rapporti di forza economici, politici e sociali. (Cosgrove 1998)
- Paesaggio come interazione tra natura animata e inanimata, esseri umani, piante e animali, come spazio vitale e sociale organico in costante trasformazione (Konold 1996)
- Paesaggio come descrizione minuziosa di una regione del globo dotata di caratteristiche omogenee, che può essere suddivisa in differenti tipologie (p.es. paesaggio rurale, paesaggio morenico, paesaggio naturale e culturale). (Jessel 1995, pag. 8)
- Paesaggio come concetto astratto di un’entità complessa, come espressione di ricordi, aspettative e significati soggettivi, che si traducono in significati figurati come “paesaggio sentimentale”, “paesaggio politico”, “paesaggio mediale” o “paesaggio spirituale”. (Jessel 1995, pag. 8)